Intervista con Elisa Guerra – Percorso, sfide e sogni nel Brazilian Jiu Jitsu (Parte 1).
In questa intervista abbiamo il piacere di conoscere meglio Elisa Guerra, una delle protagoniste del Brazilian Jiu Jitsu femminile. Con traguardi importanti già raggiunti e nuovi obiettivi da conquistare, la sua storia è fonte di ispirazione per chiunque viva la passione del tatami.
D: Raccontaci chi sei e come hai iniziato con il Brazilian Jiu Jitsu.
R: Ciao, sono Elisa Guerra , ho 31 anni e mi alleno presso i Brenta Sharks BJJ di Bassano del Grappa. Il mio primo approccio con le arti marziali è stato nel 2015, al tempo facevo MMA presso un’altra squadra, e devo dire che mi piaceva molto anche se nella parte di striking ero davvero negata. A differenza dello striking invece nella parte di lotta a terra me la cavavo già un po’ meglio.
Dopo circa un anno che facevo MMA sono andata ad un open mat di Brazilian jiu jitsu organizzato dai Brenta Sharks BJJ e devo dire che le cose sono andate un po’ diversamente di come mi aspettavo. Ero convinta di sapere lottare un po’ a terra, di sapere un po’ difendermi e invece sono stata menata malissimo da tutti, soprattutto da un paio di ragazze che al tempo si allenavano lì (in senso buono ovviamente, perché son stati tutti super gentili e disponibili con me, solo che il loro livello nella lotta a terra era decisamente superiore del mio).
Quindi dentro di me è scattata una sorta di sfida personale e mi son detta “anche io voglio diventare così forte come loro!”. Nella pausa estiva dalle MMA dunque, mi sono comprata un kimono e iscritta dai Brenta, e lì mi sono innamorata del Jiu Jitsu e non ho più smesso.
D: Cosa ti ha spinta a provare questo sport e cosa ti ha fatto innamorare del tatami?
R: Del Kimono mi sono innamorata subito, molto di più della lotta NoGi. Tutt’ora sono molto più fan del Kimono, ma ammetto di apprezzare molto di più il NoGi rispetto all’inizio.
Arrivando dall’MMA, le prime volte che ho indossato il Gi è stato a dir poco traumatico, mi prendevano, mi bloccavano e non riuscivo a fare nulla, ma forse è stato proprio questo che mi ha fatto continuare, perché la difficoltà mi ha spronata e sfidata in un certo senso: dentro la mia testa dovevo capire come si faceva ad usare il kimono a mio favore e non solo a sentirmi intrappolata in esso.
Al tempo i corsi dei Brenta non erano strutturati con una divisione principianti ed avanzati, per cui a tutte le lezioni che frequentavo vedevo cinture già avanzate che facevano cose assurde col kimono ed ero totalmente affascinata da questo. Direi che per me loro sono state di certo una grande fonte di ispirazione, e sicuramente un esempio da seguire e a cui mirare.
Poi c’è anche da dire che frequentando il mondo del Jiu Jitsu avevo trovato la mia dimensione, quando arrivavo sul tatami mi sentivo bene, nonostante la fatica mi sentivo felice ad ogni allenamento, mi divertivo e la squadra per me era diventata una sorta di famiglia, dove potevo essere me stessa senza maschere.
Quindi direi che alla fine non mi sono innamorata solo del kimono e del jiu jitsu in sè, ma dell’intero mondo che questo sport crea.
Percorso e risultati
D: Quali sono stati i traguardi più importanti che hai raggiunto fino ad oggi?
R: Come traguardi importanti direi che senza dubbio il migliore è stato vincere l’Europeo nel 2024 da cintura viola. Onestamente, non avrei mai immaginato di arrivare a tanto, soprattutto dopo il periodo che avevo appena passato. Ho deciso di iscrivermi un po’ per sbaglio diciamo, arrivavo da un grosso infortunio per cui ero stata operata due volte nel giro di un anno, era da novembre 2021 che non mi allenavo seriamente a Jiu Jitsu per cui quando ho ripreso (circa ad ottobre 2023) nella mia testa era abbastanza infattibile l’idea di tornare a gareggiare, men che meno di fare un europeo. Inoltre avevo preso la viola appena dopo essermi infortunata, e certamente quella cintura non mi sentivo minimamente all’altezza di portarla, quindi figuriamoci di farci una gara.
Poi a novembre la squadra partecipava alla gara di Milano (stessa gara in cui mi ero rotta due anni prima tra l’altro) e nella mia testa ho preso forse la decisione più folle ed impulsiva della mia vita, ovvero iscrivermi alla gara anch’io. Avevo il panico, me ne son pentita nel momento in cui quella mattina sono salita in auto per andare a Milano.
Ero pietrificata dall’idea di potermi fare male di nuovo e che potesse ripartire tutto un’altra volta, ma nel momento in cui l’arbitro ci ha fatte entrare sul tatami è stato come se il mondo si fosse fermato, non ho più sentito nulla, non c’era nessuno attorno a me, il palazzetto non esisteva più. C’ero solo io sopra a quel tatami, io mentre stavo facendo quello per cui ero caduta e mi ero rimessa letteralmente in piedi per due volte, quello per cui avevo pianto, quello per cui avevo sudato, quello per cui avevo lottato.
Tornata da Milano quella sera mi son detta: “Elisa, ti sei rotta un mese prima di fare l’europeo che avresti voluto fare giusto? Bene, ora vai a fare l’Europeo e riparti da dove avevi lasciato due anni fa!”. E quindi mi sono iscritta e a quanto pare ho fatto bene! Non per il fatto di aver vinto, certamente salire sul gradino più alto di quel podio è stato meraviglioso, ma più che altro per aver vinto una paura che avevo dentro di me, ed essermi riscattata a modo mio, aver dimostrato che per quanto si possa cadere in basso c’è sempre il modo di rialzarsi in piedi (in questo caso anche fisicamente, ma soprattutto moralmente e mentalmente) e che per quanto possa essere una cosa grande o piccola, bisogna seguire il proprio sogno, ed il mio al tempo era proprio quello di salire su quel gradino almeno una volta.
D: C’è una gara o un momento che ti è rimasto più nel cuore? Perché?
R: Di gare o momenti che mi sono rimasti nel cuore ce ne sono davvero tanti. A me piace molto gareggiare, o meglio, odio gareggiare ma allo stesso tempo lo amo. Odio la sensazione di ansia da prestazione che mi dà una gara, ogni volta mi agito un sacco e non ho ancora ben capito come gestire la cosa, però poi in ogni gara trovo persone che non vedo così spesso,ma che sono comunque amiche, con cui mi trovo bene e con cui vorrei condividere più cose ma che purtroppo, vivendo distanti, non riesco a vedere con costanza.
Quindi alla fine gli unici momenti di condivisione con loro sono appunto gare o eventi legati al BJJ. Vedere queste persone, vedere che mentre combatto sono a bordo tatami a supportarmi (e viceversa ovviamente) mi dà una sensazione di appartenenza a questo mondo che trovo meravigliosa. Vivere questo tipo di momenti credo sia la sensazione che mi rimane di più impressa e mi regala un’energia positiva enorme.
Sfide e difficoltà
D: Qual è stata la sfida più grande che hai affrontato nella tua carriera sportiva e come hai gestito i momenti di difficoltà o gli infortuni?
R: La sfida più grande che ho affrontato credo sia stata l’infortunio al ginocchio. Essermi rotta/lesionata praticamente ogni legamento del ginocchio sinistro è stata una cosa abbastanza traumatica, non solo fisicamente (forse quello è stato il meno peggio) ma proprio destabilizzante mentalmente.
E’ successo a novembre del 2021, ero cintura blu e stavo facendo bene nelle gare, ero gasatissima e carichissima per l’europeo che avrei dovuto fare nel gennaio successivo e quando è successo è come se mi fosse crollato il mondo addosso.
Non so perché ma nella mia testa non accettavo il fatto che fosse successo proprio a me, e proprio in quel momento in cui tutto stava andando benissimo nel Jiu Jitsu. Dopo la risonanza, alla prima visita che ho fatto dall’ortopedico, mi è stato detto che non sarei mai potuta tornare a fare sport in generale, men che meno jiu jitsu. Alla seconda visita stesso copione, idem alla terza. Per fortuna poi, grazie ad un’amica che ci era passata prima di me, ho trovato un centro di fisioterapia super competente sull’argomento, che mi ha indirizzata verso un ortopedico specializzato, il quale mi ha garantito che sarei tornata sul tatami prima o poi.
C’era il covid per cui i tempi di attesa sono stati abbastanza lunghi, ma ho deciso di utilizzare l’attesa facendo rinforzo muscolare mirato in modo da arrivare all’operazione nel migliore dei modi e devo dire di esserci riuscita. Il problema è che pensavo che l’operazione fosse la cima della montagna e che da lì poi sarebbe stata tutta in discesa. Ovviamente mi sbagliavo, l’operazione era solo il punto zero, da lì effettivamente iniziava la salita più tosta.
Mi ricordo forse il punto più basso, dove ho veramente pensato che non sarei mai più tornata sul tatami: era martedì mattina, avevo tolto le stampelle il lunedì precedente e l’esercizio di quell’ora di riabilitazione era molto semplice, ovvero 30 split squat con la gamba operata. Non avevo equilibrio, non avevo forza, nonostante mi stessi reggendo con le mani sui bastoni, la mia gamba non aveva la minima forza per tirami su, nemmeno dopo tutta la preoperatoria che avevo fatto, non me lo sarei mai aspettata.
Ci ho messo un’ora e un quarto a farli tutti e 30, piangendo e pensando che ero alla fine del mio Jiu Jitsu. Poi però, quando sono andata a casa, mi son detta “Veramente Elisa? Veramente vuoi mollare ora?” e alla fine sono un mulo, sono andata avanti, ogni giorno a fare fisioterapia la mattina nel centro riabilitativo, al pomeriggio a casa e la sera in palestra mentre guardavo gli altri fare BJJ.
Andavo ad ogni allenamento di Jiu Jitsu, ogni sera, a guardare le tecniche, a stare con la squadra, questo mi ha aiutato tantissimo a non andare giù di morale (più di quello che già ero), ma soprattutto mi ha aiutata a mantenere il focus su cosa volevo fare e dove volevo realmente arrivare: tornare sul tatami e gareggiare.
In tutto questo devo dire che se non ci fosse stata la mia squadra alle spalle avrei fatto poco, ho avuto persone meravigliose attorno che mi hanno scarrozzata ovunque mentre ero in stampelle, che mi hanno ascoltata nei momenti di sconforto e mi hanno dato forza quando non vedevo vie d’uscita. Quindi davvero io credo che il jiu jitsu sia tutto tranne che uno sport individuale e che grazie a questo la vita di una persona possa totalmente cambiare, in meglio soprattutto.
Questo è solo l’inizio del viaggio di Elisa Guerra.
Se ti è piaciuta questa prima parte dell’intervista, allora non perderti la Parte 2, in arrivo sabato prossimo!
Elisa ci racconterà cos’è essere donna nel Jiu jitsu, la routine e la mentalità che la accompagna in ogni roll.
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